I più recenti dati Eurostat raccontano una storia di resilienza e di ripresa. Dopo l’impatto violentissimo dei primi lockdown, causato dalle disruption nelle supply chain globali e nell’impossibilità di ‘remotizzare’ diverse attività della smart factory, la produzione industriale europea è aumentata del 2% a ottobre 2020 e di un ulteriore 2,3% a novembre, tornando sostanzialmente ai livelli precedenti la pandemia (99,4%). Smart manufacturing e tecnologie, cioè, la digitalizzazione e automazione dei processi produttivi, la capacità di valorizzare i dati raccolti dalle piattaforme IoT e le tecnologie avanzate di interazione tra uomo e macchina hanno certamente avuto un ruolo in questo scenario. Hanno permesso alle aziende più avanzate sul fronte del digitale di mostrare una resilienza superiore alla media: nel periodo del lockdown, questo ha favorito la continuità del business, oggi si traduce in più produttività, efficienza e innovazione, ovvero in un migliore allineamento alle esigenze del mercato.
Industria 4.0 e smart manufacturing, le tecnologie nell’era della personalizzazione di massa
Tutto il tema di Industria 4.0 – o Smart Manufacturing che dir si voglia – è la reazione alle numerose sfide che il settore si è trovato ad affrontare nel corso degli anni, e che solo l’efficacia del digitale ha permesso di gestire al meglio. A prescindere dal Covid, stiamo infatti vivendo anni di profonda trasformazione delle dinamiche dei mercati: i lotti sono sempre più piccoli, la pianificazione è un concetto complesso da mantenere, l’efficienza fa rima con produzione just-in-time, i tempi sono sempre più stretti e la tradizionale produzione di massa sta diventando una personalizzazione di massa, mettendo ulteriori pressioni agli imprenditori.
L’azienda che vuole dominare mercati sempre più competitivi non può fare altro che affidarsi al digitale, all’automazione e alla valorizzazione dei dati, operando quel processo di convergenza tra tecnologia OT (Operational Technology) e IT (Information Technology) che, di fatto, è il basamento di una fabbrica smart.
Smart Manufacturing e l’approccio data-driven
È sulla base di queste premesse che trae origine tutto il percorso di Industria 4.0, un mercato che in Italia è sempre cresciuto negli ultimi 5 anni (grazie anche agli incentivi) a ha raggiunto i 3,9 miliardi di euro (+22%) nel 2019. Alla base della smart factory ci sono due grandi trend connessi e operanti in modo sinergico: l’automazione avanzata, conseguenza dell’interconnessione e cooperazione delle risorse, e la valorizzazione dei dati. Partendo da quest’ultimo, e adottando un punto di osservazione piuttosto alto, lo shopfloor può essere considerato un’immensa fonte di dati generati in tempo reale dalle piattaforme IIoT (Industrial Internet of Things), dai sensori e dagli attuatori industriali ed elaborati in tempo reale da piattaforme residenti in cloud o all’edge della rete a seconda del volume di dati da elaborare e delle esigenze di reattività e criticità della risposta (latenza).
L’analisi dei dati (Industrial Analytics), supportata da algoritmi di intelligenza artificiale, abilita scenari molto interessanti ai fini della massimizzazione dell’efficienza: la manutenzione predittiva è senza dubbio lo use case più rilevante e significativo per i produttori, che desiderano da sempre abbattere il costo più impattante di tutti, cioè il fermo macchina. Se da un lato imprenditori e responsabili di produzione cercano di minimizzare i fermi agendo sugli attrezzaggi (con metodologie come lo SMED o impostando ad hoc i Manufacturing Execution System), dall’altro il guasto improvviso resta il costo da evitare, anche per le sue conseguenze sulla reputation. Un sistema avanzato che, mettendo in relazione diversi dati (vibrazioni, surriscaldamento…), riesca a prevedere un guasto fa sì che gli interventi manutentivi possano avvenire tempestivamente solo quanto servono. Non è un caso che il mercato delle soluzioni di Predictive Maintenance sia previsto in crescita dai 4 miliardi di dollari del 2020 ai 12,3 miliardi del 2025, con un CAGR del 25,2% nell’intervallo in questione (fonte: marketsandmarkets).
Altri ambiti di Industria 4.0 che stanno crescendo in maniera interessante sono gli scenari di Advanced Automation e di Human-Machine Interface, che peraltro possono avere un ruolo centrale in tempi di pandemia. L’Advanced Automation è un concetto ampio, dai confini inevitabilmente fluidi e dal fortissimo contributo innovativo: vi rientrano forme di automazione a livello produttivo e logistico capaci di un’interazione avanzata con l’ambiente o di un certo tipo di comportamento intelligente. Pensiamo ai sistemi automatizzati di controllo qualità basati su tecniche di Computer Vision, ai droni che eseguono autonomamente operazioni notturne di inventario nei magazzini o ai mezzi AGV che definiscono da soli i percorsi migliori all’interno dei centri logistici. Tutto questo si aggiunge all’evoluzione costante delle modalità e delle dinamiche di interazione tra uomo e macchina: dispositivi wearable, nuove interfacce, controllo vocale, digital twin e sfruttamento pervasivo della realtà aumentata e virtuale per il supporto di attività operative e il training degli operatori.
I trend, tra le remote operations e il 5G
Come anticipato, la pandemia ha accelerato la trasformazione digitale in ogni settore, compreso quello della produzione industriale. Le aziende che, al momento dello scoppio della pandemia, avevano già implementato tecnologie per la digitalizzazione dei processi hanno potuto godere di un vantaggio competitivo che si estende fino al new normal.
A tal proposito, l’Osservatorio Transizione Industria 4.0 del Politecnico di Milano ha identificato una serie di tecnologie per lo smart manufacturing che possono fungere da pilastro del new normal sommandosi ai tradizionali filoni di digitalizzazione già evidenziati. A livello operativo, l’elemento cardine sono senza dubbio le attività rivolte alle Remote Operations, che ricadono nelle macrocategorie dell’automazione avanzata e dell’Advanced Human-Machine Interface: parliamo dunque di soluzioni di realtà virtuale e aumentata che potrebbero uscire dagli use case più comuni per permettere un ventaglio più ampio di operazioni eseguibili da remoto. A questa categoria si aggiungono poi i digital twin (virtual commissioning), cioè le rappresentazioni virtuali sincronizzate con i sistemi reali, ma anche tutte le soluzioni di automazione come i menzionati AGV e le modalità avanzate di collaborazione uomo-macchina come i Cobot. Nell’ambito dello sviluppo del prodotto, poi, l’Osservatorio pone l’accento sulle piattaforme di design collaborativo, anch’esse fondamentali per il manufacturing del new normal.
Resta una domanda: a che punto siamo, in Italia, con il processo di digitalizzazione e quali i segmenti più promettenti? Per quanto concerne gli investimenti, non sono ancora disponibili dati su tutto il 2020: inizialmente era previsto un tasso di crescita compreso tra il 20 e il 25%, ma la pandemia obbliga chiaramente a rivedere questi dati. La certezza è che il sentiment resta fortemente positivo, anche in virtù dell’aiuto dato dal digitale nella gestione dell’emergenza Covid: lo confermano inoltre le proiezioni internazionali, che danno il mercato delle tecnologie di smart manufacturing in crescita con un CAGR del 12,5% tra il 2020 e il 2025 (fonte: marketsandmarkets).
In Italia, l’Industrial IoT attrae il grosso degli investimenti: nel 2019 era addirittura al 60%, con un +22% di crescita rispetto all’anno precedente. Nel 2020, il trend non sembra cedere terreno: il 25% delle aziende ha dichiarato di voler investire in IIoT nel breve termine e il 36% nei prossimi due anni, mentre si rileva già un +20% a livello di adozione rispetto al 2019. A tal proposito, uno studio di UBS insiste molto sul suolo abilitante di IIoT nella transizione verso tecnologie per lo smart manufacturing, ma gli affianca un altro abilitatore di cui sentiremo parlare spesso: il 5G. La reti mobili di quinta generazione offrono non solo capacità nativa di interfacciarsi con gli ecosistemi IoT, ma soprattutto di differenziare il trasporto dei dati in funzione del servizio, assegnando ad ognuno di essi la propria fetta di rete (network slicing). In questo modo, il 5G può fornire all’universo industriale performance di affidabilità, scalabilità e latenza tali da supportare nativamente le smart factory senza dover cablare per forza gli impianti o affidarsi a costose reti private e customizzate.
Molto interessante, per concludere, il trend del cloud manufacturing, che secondo i dati dell’Osservatorio cresce sia a livello di applicazioni per la Supply Chain (+85%), ovvero quelle che abilitano la collaborazione tra i vari attori, sia a livello di Smart Factory con un +35%: in questo momento, il tasso di adozione del cloud nell’universo manifatturiero italiano dovrebbe essere intorno al 30%. Infine, menzione specifica per il comparto degli Industrial Analytics, che rappresenta uno dei perni del modello industriale 4.0: oltre ad un tasso medio di adozione di circa il 35%, si segnala l’intenzione di investire a breve termine da parte del 20% delle imprese e di addirittura del 41% nei prossimi due anni, con potenziale impiego di soluzioni di Intelligenza Artificiale.