Mercati

Agricoltura 4.0, la vendemmia si fa via web

Nell’era del digitale, anche nel Bel Paese crescono nei campi, nelle stalle e nelle aziende nuove soluzioni tecnologiche per l’Italian food & wine. Ecco il quadro della digitalizzazione delle filiere agroalimentari italiane nella prima edizione dell’Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise dell’Università di Brescia

Pubblicato il 07 Mar 2018

Agricoltura 4.0

I semi son piantati. Pochi e delicati ancora, ma promettono di crescere e svilupparsi. Più in sordina che in altri settori produttivi – e con la sobrietà che l’è propria –, anche l’agroindustria italiana ha varcato da qualche anno la soglia del 4.0 e si ritrova in una fase di transizione e di sperimentazione digitale, in parte ancora pioneristica ma ricca di progetti e di creatività promettente.

Nei campi, nei vigneti, negli uliveti e nelle stalle di tutta Italia sta sbocciando la stagione dei sensori e dei droni, dei trattori-agridata hub e del web mapping, dei software gestionali e delle centraline meteo.

Del resto, per il futuro dell’agrifood – che con quasi 300 miliardi di euro di fatturato costituisce il secondo settore manifatturiero nel nostro Paese, contribuisce per oltre l’11,3% del Pil e per il 9% dell’export nazionale ed è un’icona forte e rappresentativa per il Made in Italy nel mercato globale – si tratta di un passaggio necessario e decisivo.

Obiettivi prioritari: consolidare e rafforzare il prestigio qualitativo, la sostenibilità ambientale, la redditività e la competitività dell’Italian food & wine, tanto nel suo complesso quanto delle singole filiere.

A offrire finalmente un quadro d’assieme dello stadio evolutivo di questa supply chain quanto mai lunga, articolata e spezzettata – 1,3 milioni di imprese, con in media meno di 2,5 addetti ciascuna e fatturato annuo di 230.000 euro – si sono dedicati la School of Management del Politecnico di Milano e il Laboratorio Rise-Research and Innovation for Smart Enterprises dell’Università di Brescia, che hanno presentato a Milano lo scorso gennaio i risultati del primo Osservatorio Smart AgriFood nel corso del convegno “Coltiva dati. Raccogli valore. La trasformazione digitale dell’agroalimentare”, aperto con l’annuncio del prossimo varo di un corso di laurea magistrale in Food Engineering, promosso dal Politecnico milanese stesso.

“La nostra filiera agroalimentare – è la premessa di Marco Perona, Direttore Scientifico dell’Osservatorio Smart AgriFood, Università degli Studi di Brescia, – non è solo un potente motore di sviluppo e una macchina economica che funziona: veicola tanti messaggi dell’Italian way of life, ed è uno dei fattori che nel mondo rende ‘sexy’ questo Paese. La leva digitale può consentirle di fare un ulteriore salto di qualità: rendendola più performante in termini di efficienza, di miglioramento delle rese, di riduzione dei costi e di trasparenza produttiva”.
I gap da colmare non sono pochi, e neppure di poco conto: a cominciare dall’infrastruttura di sistema, e in particolare dalla disponibilità di banda larga ed extralarga diffusa e pervasiva, dato che nelle zone rurali la copertura è tutt’altro che garantita. In gran parte da risvegliare sono poi le competenze, la sensibilità e la propensione all’investimento da parte di molte imprese della filiera: spesso mancano le risorse finanziarie e, soprattutto, quelle culturali e manageriali in grado di supportarlo. E, nel frattempo, va sviluppata senza sosta tutta un’offerta capace d’interpretare gli effettivi bisogni della filiera, e che si dimostri valida, appropriata, non eccessivamente costosa. Di qui l’esigenza di costituire, anche attraverso l’Osservatorio Smart Agrifood, un’ampia community tra i diversi attori della filiera, dagli agricoltori ai retailer, per avvicinare e far dialogare la domanda e l’offerta di soluzioni, creando maggior sensibilità e apertura all’innovazione nelle aziende utilizzatrici – ancora molto abituate a intrattenere poche relazioni con tecnici ed esperti (il concessionario di fiducia, l’agronomo amico di famiglia ecc.) – e migliorando le soluzioni proposte da parte dei fornitori tecnologici, che solo di recente sono andate strutturandosi per offrire soluzioni più in linea con i fabbisogni degli imprenditori agricoli.

innovazione digitale agrifood esempi
Figura 1 – La pervasività dell’innovazione digitale lungo tutta la filiera agrifood: alcuni esempi

La filiera si va connettendo

“Cosa può fare il digitale in uno scenario complesso e articolato come quello dell’agroalimentare italiano? – è l’interrogativo di base di Filippo Renga, Condirettore dell’Osservatorio Smart AgriFood –. Lavorando a questo Osservatorio, abbiamo spesso riscontrato che, dal campo fino al piatto, in ogni stadio della filiera ciascun ambito può trovare una sua soluzione digitale, come cucita addosso. Già per la produzione nei campi, infatti, sono oltre 220 le soluzioni di Agricoltura 4.0 offerte da più di 70 aziende, sia tradizionali (come i fornitori di macchinari e attrezzature) sia emergenti, come startup, vendor Ict, fornitori di rete dati e di servizi di consulenza tecnologica e/o di raccolta e analisi dei dati. Si tratta di un mercato stimabile intorno ai 100 milioni di euro in Italia, pari al 2,5% del business globale di 3,5 miliardi di euro complessivi a livello mondiale”.

Figura 2 – Le tecnologie abilitanti le soluzioni di agricoltura 4.0 (base: 223 soluzioni)

Oltre 60, poi, le soluzioni – fin qui censite – d’industria 4.0 implementate dalle aziende food & beverage: ed è un dato sottostimato ma ci dà il senso delle dinamiche in atto. Tra le imprese industriali che da tempo lavorano in questa direzione spiccano nomi di rango come Auricchio, Barilla, Berlucchi, Gruppo Italiano Vini, Mutti, Oleificio Zucchi, Latteria Soresina, Latteria Plac Cremona.
Sul fronte della distribuzione, i 90 principali retailer italiani ricorrono per il 91% a soluzioni digitali back e front end per supportare il proprio business. Ancora, nella logistica si possono contare almeno 132 soluzioni per ridurre in maniera evidente e rapida i costi di trasporto, ottimizzando percorsi e carichi. E si può chiudere in bellezza questa filiera con i consumatori finali stessi: l’80% dei mobile surfer italiani utilizza lo smartphone per prendere decisioni d’acquisto in qualsiasi punto vendita, ovunque egli sia (“anche in Alaska”, suggerisce Renga).

Una new wave per l’agricoltura di precisione

La diffusione di queste soluzioni 4.0 è comunque ancora limitata, e riguarda meno dell’1% della superficie coltivata totale in Italia. Soprattutto dove ha già attecchito la filosofia dell’“agricoltura di precisione” – sviluppatasi nel corso degli anni Novanta, con la prima ondata di tecnologie satellitari, Gps e software sui macchinari – l’interconnessione digitale può innestarsi in maniera proficua. È la new wave dell’Internet of Farming. Già soltanto i trattori generano in un anno oltre 1 milione di gigabyte: se poi si aggiungono i dati ambientali, di magazzino, degli allevamenti e quelli più generali di carattere aziendale, si può capire quanto oggi queste informazioni siano scarsamente valorizzate. A meno che le aziende non decidano di adottare un piattaforma integrata, per far confluire al proprio interno i dati, elaborarli e armonizzarli per supportare decisioni e azioni tempestive.

Figura 3 – Le fasi e le attività maggiormente supportate dall’offerta di agricoltura 4.0 (base: 223 soluzioni)

“Con l’IoT e i Big Data Analytics – è il commento di Andrea Bacchetti, condirettore dell’Osservatorio Smart AgriFood – l’agricoltura di precisione fornisce e gestisce più informazioni, in maniera più accurata e tempestiva, e automatizza così attività produttive altrimenti poco collegate e integrate, estendendo l’utilizzo di determinati sistemi e processi a tutta l’impresa (per esempio, dai campi al centro aziendale) e all’intera filiera, riducendo i costi e la burocrazia di coordinamento e migliorando qualità e tracciabilità dei prodotti. È proprio la somma tra Internet of Farming e Agricoltura di Precisione che va a costituire il paradigma dell’Agricoltura 4.0, e all’utilizzo concertato e armonico delle varie tecnologie per migliorare: resa e sostenibilità delle coltivazioni, qualità produttiva e di trasformazione, condizioni di lavoro”.

esempio vantaggi agricoltura 4.0
Figura 4 – Un esempio dei benefici riscontrati grazie all’applicazione dell’agricoltura 4.0 (Azienda: Porto Felloni)

L’analisi incrociata dei fattori ambientali, climatici e colturali permette di stabilire il fabbisogno irriguo e nutritivo delle coltivazioni, prevenire patologie, identificare infestanti prima che proliferino, ecc. Così si può agire in modo mirato, risparmiando soldi e tempo con interventi più efficaci, che incidono positivamente sulla qualità dei prodotti finiti. I benefici possono essere sia qualitativi sia quantitativi: si va dalle aziende che risparmiano fino al 30% sugli input produttivi con il 20% di produzione in più (come la ferrarese Società Agricola Porto Felloni) a imprese che ottengono prodotti di maggior qualità senza più residui di sostanze chimiche all’interno (come la casa vinicola piacentina Res Uvae). O, ancora, si arriva a stabilire il momento più opportuno per la raccolta e a gestirla in più fasi, per cogliere i frutti della terra nel momento più indicato in funzione dell’utilizzo che ne verrà fatto più a valle nelle filiera (è il caso dell’azienda spumantistica Berlucchi).

Tracciabilità? Fa rima con qualità

Riuscirà l’avvento della digitalizzazione a creare finalmente quella sospirata connessione tra i vari player delle filiere agroalimentari che finora non si è (quasi) mai riusciti a raggiungere? L’esigenza prioritaria della tracciabilità dei prodotti e dei processi, la sfida della competitività nel mercato globale e un’accezione più ampia del concetto di qualità giocano senz’altro a favore di questo passaggio verso una più stretta interrelazione tra i protagonisti delle diverse supply chain.

settori agroalimentari più coinvolti nell'innovazione digitale per la tracciabilità
Figura 5 – I settori agroalimentari più coinvolti nell’innovazione digitale per la tracciabilità (base: 57 casi)

L’Osservatorio Smart Agrifood ha preso in esame 57 casi di tracciabilità nati e sviluppatisi proprio grazie a un utilizzo maturo e consapevole delle tecnologie digitali. I settori più impegnati su questo fronte sono l’ortofrutticolo (30%), quello delle carni (23%), il lattiero-caseario (14%) e quello del caffè-cacao (12%). Ma tutte le filiere, ormai, sono interessate, in maniera più o meno trasversale.

“I benefici sono chiari ed evidenti per le singole imprese – è il commento di Damiano Frosi, Ricercatore Senior dell’Osservatorio Smart Agrifood e Direttore dell’Osservatorio Contract Logistics – e hanno inoltre ampie ricadute lungo tutta la filiera, sulla quale diviene più agevole trasferire valore. Il 36% delle aziende agroalimentari analizzate grazie a soluzioni digitali ha riscontrato una riduzione dei tempi e dei costi legati ai processi di raccolta, gestione e trasmissione dei dati”.

tecnologie abilitanti tracciabilità digitale
Figura 6 – Le tecnologie abilitanti la tracciabilità digitale (base: 57 casi)

Tra gli strumenti più utilizzati in questi progetti di tracciabilità, in pole position figurano i barcode (39%), gli Rfid (Radio-Frequency Identification, 32%), i sistemi gestionali (32%), i Big Data (30%), le tecnologie mobile (21%), mentre è ancora modesto il ricorso a risorse come l’IoT e la blockchain.

E se “qualità” è una parola che ormai vuol dire tutto e niente (soprattutto nel food & drink), ciò non toglie che se ne possano evidenziare i tratti specifici più caratterizzanti – Sicurezza, Provenienza, Metodo di produzione, Nutrizione, Apparenza, Gusto e aroma, Servizio – che i ricercatori dell’Osservatorio Smart Agrifood hanno voluto rappresentare nell’Eptagono della Qualità Alimentare.

L’analisi svolta dall’Osservatorio sui citati 57 case study evidenzia anche l’impiego delle tecnologie digitali da parte delle aziende agroalimentari non solo per identificare e precisare la propria specifica accezione di qualità ma anche per migliorarla e innovarla in più direzioni, oltre che per controbattere il fenomeno delle frodi e delle contraffazioni, anche e soprattutto all’estero, dove imperversa il fenomeno dei prodotti Italian sounding.

L’eptagono della qualità alimentare
Figura 7 – L’eptagono della qualità alimentare

Il 51% delle aziende ha utilizzato le tecnologie digitali per valorizzare la qualità dell’origine, soprattutto per i prodotti ad alto valore aggiunto (per esempio: vino, cacao, caffè), il 46% se n’è servito per migliorare la food safety e il 25% s’è concentrato sui metodi di produzione, soprattutto per gli aspetti più legati all’impatto ambientale, al benessere degli animali e alle tradizioni agroalimentari locali. Nel 12% dei casi, infine, le imprese si sono concentrate sulla qualità del servizio, adottando soluzioni innovative per comunicare ai consumatori attraverso il packaging, il web o informazioni di prodotto (consigli nutrizionali) e di processo (origine, tracciabilità e impatto ambientale).

Mappature della strategia di qualità di 4 aziende
Figura 8 – Mappature della strategia di qualità di 4 aziende

Più recenti, e quindi meno diffusi, sono gli esempi di aziende che hanno implementato soluzioni digitali per intervenire anche sulla qualità nutrizionale (5%), sulle caratteristiche sensoriali (4%) e sull’aspetto del prodotto (2%). In primo piano, qui, è l’utilizzo dei sensori: per esempio, in campo per controllare (in maniera non invasiva) il grado di maturazione della frutta, consentendo la raccolta nel momento ottimale (un aspetto particolarmente utile nel caso dell’esportazione). O, in un altro caso, per monitorare in real time le condizioni di trasporto dei prodotti freschi in modo da evitarne il deterioramento e la successiva perdita, oltre che di sicurezza, delle adeguate caratteristiche nutrizionali ed estetiche.
Quella della qualità è una partita da giocare fino in fondo da parte delle filiere dell’Italian food & drink: perché dall’Italia, ben più che la quantità, i foodies e i gourmet in giro per il mondo si aspettano una ricca varietà di prodotti agroalimentari dalle qualità tangibili, in un connubio quanto mai caratteristico di tradizione e innovazione.

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