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Firma digitale come funziona e a cosa serve

Cos’è la firma digitale e in cosa consiste? Nei dati raccolti da Aruba si colgono i vantaggi concreti della digitalizzazione dei documenti e come si sta evolvendo la trasformazione digitale in questo senso

Pubblicato il 02 Nov 2020

firma digitale

La trasformazione digitale dei processi di gestione delle informazioni, dei documenti e delle transazioni, consente alle aziende di innovare mantenendo al contempo un elevato livello di sicurezza e di affidabilità. E la firma digitale è un passaggio obbligato per fare tutto questo.

In cosa consiste la firma digitale e quanto è diffusa in Italia

La firma digitale è costituita da un dispositivo fisico (token USB o lettore di smart card) e una card, in formato smart o SIM, contenente il certificato di Firma e il certificato di autenticazione CNS (Carta Nazionale dei Servizi) per accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione.

Un’altra soluzione è la firma digitale remota, grazie alla quale tutte le operazioni di firma possono essere svolte tramite un certificato di firma digitale, che si trova depositato su server sicuro, e una OTP (One Time Password) generata dall’app mobile o da un token display o USB, e permette di utilizzare la firma in qualsiasi momento o con qualsiasi dispositivo, come per esempio uno smartphone.

Secondo un monitoraggio a cura di AgID risulta che i dispositivi attivi di firma digitale, e i relativi certificati qualificati, superano nel 2020 i 22 milioni in Italia.

La firma digitale è, dunque, al centro della trasformazione documentale e di numerose operazioni e pratiche che si possono compiere abitualmente, sia per uso privato che professionale. L’utilizzo di questo strumento, infatti, consente di semplificare i rapporti tra Pubbliche Amministrazioni, cittadini e imprese e contribuisce in modo sensibile a ridurre la gestione documentale in forma cartacea, visto che è possibile firmare digitalmente e legalmente qualsiasi documento elettronico, come ad esempio fatture, visure camerali, contratti e molto altro, semplicemente apponendo la propria firma, ovunque ci si trovi.

La gran parte delle firme digitali (l’80% circa, secondo i dati dell’AgID) oggi viene apposta tramite Firma Digitale Remota.

Secondo AgID, ancora, il numero di firme digitali remote generate nel 2019 in Italia è cresciuto del + 55% rispetto all’anno precedente, toccando quota 3,1 miliardi. Consideriamo che questi erano trend pre-covid, che non includono, quindi, la fortissima accelerazione avvenuta a partire da marzo 2020.

Bastano questi dati, contenuti nel monitoraggio che l’Agenzia per l’Italia Digitale effettua sui dati forniti dai certificatori accreditati, a raccontare come la firma digitale si sia ormai da tempo trasformata in un fenomeno che riguarda il nostro paese su una scala molto larga.

A chi serve la firma digitale?

A chi serve davvero disporre di una firma digitale? Secondo l’Osservatorio di Aruba, considerando gli utenti che utilizzano il suo servizio di firma digitale, il 70% degli utilizzatori è rappresentato da liberi professionisti, un altro 20% da privati cittadini e per il 10% da aziende. E, indipendentemente dal target dell’utenza, il servizio viene impiegato soprattutto per comunicazioni con la PA (28%), per la sottoscrizione di contratti (24%), per progetti e pratiche edilizie (21%), per procedure gestionali aziendali (19%), per procedure aziendali (19%) e, infine, per gestire le fatture elettroniche (10%).

Si capisce quindi come il sistema Italia stia progressivamente scoprendo e sfruttando i reali vantaggi offerti da questo strumento. La firma digitale è infatti in grado di abilitare la vera trasformazione dei processi all’interno di uno scenario caratterizzato da rapporti cliente-azienda e cittadino-istituzioni sempre più digitalizzati e gestiti da remoto. Allo stesso tempo, questo servizio garantisce elevatissimi livelli di sicurezza, essendo basato su crittografia, per cui in grado di conferire autenticità, validità legale e integrità del documento sul quale viene apposta la firma e anche dell’identità del firmatario.

La digitalitalizzazione dei processi documentali, quale evoluzione?

Da un recente sondaggio condotto in collaborazione con CioNet Italia, che ha coinvolto 157 decision maker italiani di aziende nazionali ed estere, è emerso quanto il tema della digitalizzazione dei processi documentali sia sentito: è stato, infatti, chiesto agli intervistati se i propri workflow documentali fossero completamente digitalizzati già prima della pandemia. Ha risposto affermativamente il 46% del campione, mentre il 31% ha dichiarato una parziale digitalizzazione e solo il 23% ha affermato che i documenti in azienda non erano affatto digitalizzati.

Tra quanti avevano già la propria documentazione digitalizzata prima della pandemia, il 72% degli intervistati ritiene che aver potuto disporre dei flussi digitali abbia rappresentato un valore assoluto nell’affrontare la crisi. Al contrario, è solo il 3% a ritenere che siano stati poco utili. A ulteriore conferma dell’importanza di una gestione digitale dei processi di business, il 31% di chi ne era sprovvisto pre-Covid ha asserito di avere già un progetto di integrazione in corso, mentre il 63% sta valutando un’implementazione di questo tipo, alla luce del nuovo contesto nel quale si trova ad operare.

I vantaggi della digitalizzazione dei processi documentali

Secondo i dati di IDC pubblicati in una recente infobite realizzata per Aruba Enterprise, si evince come i vantaggi nella digitalizzazione dei processi documentali si possono riassumere in: una maggiore efficienza del business per il 58% degli intervistati; un accesso rapido a informazioni e documenti per un altro 58%; una riduzione dei costi per il 44%; una migliore collaborazione per il 35%; oltre all’uso per l’adeguamento normativo, sempre per il 35%.

In modo particolare, è il workflow della firma digitale ad essere al centro della trasformazione già avviata: in particolare si pone l’accento sui modi con cui la firma digitale abilita un business innovativo, ossia attraverso una maggiore velocità relativa a flussi, transazioni e pagamenti per il 42% degli intervistati, una maggiore efficienza della gestione documentale per un ulteriore 42% ma anche un incremento della produttività per il 19% del campione.

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