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Parità di genere, ecco cosa dice lo studio IBM Institute for Business Value

Solo il 62% delle donne intervistate (in calo di 9 punti percentuali rispetto al 2019) e il 60% degli uomini intervistati (in calo di 7 punti percentuali rispetto al 2019) prevedono che la propria organizzazione introdurrà misure significative per raggiungere la parità di genere nei prossimi cinque anni

Pubblicato il 19 Mar 2021

parità di genere

La parità di genere non è ancora una priorità assoluta per il 70% delle imprese globali, secondo i professionisti intervistati per una ricerca dell’IBM Institute for Business Value (IBV).

Lo studio globale Donne, leadership e opportunità mancate (che ha coinvolto oltre 2.600 dirigenti, quadri e professionisti – un numero uguale di donne e uomini – in 10 settori e 9 aree geografiche) che fa seguito ad un’indagine pubblicata nel 2019 su temi analoghi e su un campione simile, mostra una riduzione della presenza di ruoli di leadership nella popolazione femminile. Rispetto al 2019, nel 2021 un numero inferiore di donne intervistate ricopre ruoli di apicali, come vicepresidente senior, vicepresidente, direttore e manager.

“I dati rivelano – ha affermato Bridget van Kralingen, senior vice president, global markets, IBM and senior executive sponsor of the IBM Women’s Community – che molte donne leader stanno affrontando un periodo particolarmente sfidante. È necessario dunque intervenire in modo rapido per evitare che la situazione peggiori. Dovremo trovare soluzioni innovative e duplicare i nostri sforzi per generare un cambiamento significativo e di lunga durata, che possa aiutare tutte le donne a raggiungere pienamente il proprio potenziale”.

Lo studio evidenzia anche un diffuso senso di stanchezza e ridotto ottimismo tra i dipendenti a causa dell’inefficacia delle azioni intraprese nel far fronteggiare il gender gap. Solo il 62% delle donne intervistate (in calo di 9 punti percentuali rispetto al 2019) e il 60% degli uomini intervistati (in calo di 7 punti percentuali rispetto al 2019) prevedono che la propria organizzazione introdurrà misure significative per raggiungere la parità di genere nei prossimi cinque anni.

Inoltre, secondo il report, rispetto al 2019 sempre più aziende stanno avviando programmi volti a migliorare l’equità e l’inclusione di genere, come gli screening gender-blind e il congedo parentale per le donne. Tuttavia, queste azioni sembrano non essere particolarmente efficaci per ragioni di mentalità e resistenza culturale, che non si sono evolute a sufficienza.

Rispetto al 2019, per esempio, un numero inferiore di intervistati concorda nell’affermare che i dirigenti senior sono apertamente impegnati a contrastare i comportamenti e linguaggi discriminatori.

Alcuni intervistati (11%) cosiddetti “First Movers” ritengono l’avanzamento delle donne una priorità, considerano l’inclusione di genere un driver per la crescita e sono altamente motivati ad agire. I “First Movers” hanno conseguito performance migliori (con un tasso medio di crescita dei ricavi del 61% più alto rispetto alla media riportata dalle altre organizzazioni) si sono rivelate più innovative ed hanno ottenuto una maggiore soddisfazione di clienti e dipendenti.

Seguendo l’esempio dei First Movers, le aziende possono mettere in atto azioni concrete e specifiche, per aiutare ad accelerare il progresso nella parità di genere sul posto di lavoro.

Per esempio, rendere la parità di genere una delle cinque priorità e creare percorsi per il reinserimento delle donne nel mondo del lavoro. Ai professionisti con competenze teniche che non sono stati impiegati per un periodo di 12 mesi, IBM offre una “returnship” retribuita di sei mesi, che include attività di formazione, accesso a strumenti e tecnologie, mentoring e incarichi su progetti tecnici in linea con le rispettive competenze.

Sarebbe poi importante attuare interventi mirati in funzione delle specifiche necessità. Per esempio, benefici aggiuntivi come il supporto per la cura dei bambini e l’accesso ad un supporto psicologico possono rivelarsi fondamentali. Un’altra recente ricerca condotta dall’IBV ha rivelato che i CEO più performanti sono anche quelli che hanno più a cuore il benessere dei propri dipendenti, indipendentemente da fattori quali la redditività o il budget.

Ancora, favorire una cultura dell’intenzione e promuovere il cambiamento positivo. Concentrarsi sulla leadership empatica e permettere ai manager di essere promotori di un cambiamento culturale positivo. I leader devono poter sostenere culture di squadra inclusive, una flessibilità allineata ai bisogni personali e professionali, e definire responsabilità e obiettivi aziendali e individuali per promuovere percorsi di leadership per le donne.

Infine, è utile far leva sulla tecnologia per migliorare e accelerare i risultati. Le organizzazioni devono potersi avvalere di tecnologie evolute come l’intelligenza artificiale per contribuire a ridurre i pregiudizi nel processo di selezione dei candidati, fornire strumenti digitali basati su cloud per la comunicazione e il feedback, per rilevare le aree di positività e quelle di miglioramento nel sostenere le donne sul posto di lavoro, oltre che investire in strumenti che favoriscono la collaborazione e il lavoro di squadra, che permettano a donne e uomini di impegnarsi con successo in ambienti fisici e remoti anche nel post-pandemia.

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