Solitamente utilizzato come esempio di maturità e stabilità, il settore dell’Energia “è il prossimo settore dove la disruption digitale colpirà”, si legge nel Digital Energy Report rilasciato dall’Energy & Strategy Group della School of Management del Politenico di Milano nel novembre 2017.
Utilizzato principalmente per definire l’utilizzo delle tecnologie digitali per misurare i consumi di energia, il termine Digital Energy comprende in realtà un perimetro molto più ampio: “L’uso di tecnologie digitali sempre più avanzate è ben più profondo lungo tutta la filiera dell’energia, interessandone tutte le fasi, dalla produzione alla vendita”, si legge infatti nel Report. Ampio è quindi lo spettro di tecnologie e soluzioni che interessano questo settore, suddivise in tecnologie digitali per Smart Energy (produzione) e per Smart Grid (trasmissione e distribuzione).
Come spiega il Rapporto, per decenni il settore è stato caratterizzato da: economie di scala, produzioni centralizzate e reti di trasmissione e distribuzione di proprietà pubblica. Questo modello è profondamente cambiato con la diffusione delle energie rinnovabili che introduce una produzione distribuita di energia e una distribuzione bidirezionale (si pensi alla produzione di energia individuale tramite varie fonti che viene “rivenduta” a un produttore nazionale per poi essere restituita “normalizzata”).
Le soluzioni digitali per la Smart Energy
Il Rapporto riconduce i benefici tangibili dell’adozione di tecnologie digitali a tre categorie, dove i big data analytics rappresentano l’abilitatore trasversale:
- predizione della produzione: l’utilizzo di modelli predittivi, che integrano i dati storici di produzione con le
informazioni relative alle condizioni meteorologiche in tempo reale o ad altri fattori, consentono di ottimizzare la produzione; - miglioramento dell’efficienza e della flessibilità della produzione: il monitoraggio dei dati di produzione consente di avere una visione dettagliata delle performance dei singoli apparati che permette di migliorarne la regolazione e, di conseguenza, rendere più efficiente la produzione;
- miglioramento dell’asset management: il monitoraggio continuo e la correlazione dei dati raccolti in tempo reale con le serie storiche consente di gestire in modo ottimale la manutenzione, abilitando quella preventiva e riducendo costi e rischi di downtime.
L’Energy & Startegy Group ha identificato due architetture digital “tipo” che i produttori di energia stanno adottando, differenziate sulla base del livello di complessità (figura) e dove il tema del posizionamento dell’”intelligenza” nei diversi punti della filiera è fondamentale:
- architettura Light: la raccolta dei dati viene effettuata interfacciandosi con sistemi di controllo e di comunicazione già installati negli impianti di produzione (Scada o PLC); i software di elaborazione dati si limitano alle funzioni di monitoraggio e di dashboard. In queste architetture prevale tipicamente la configurazione edge, con un primo livello di intelligenza posizionato a bordo degli apparati fisici sul campo che consente di pre-elaborare il dato trasmettendo al livello superiore un dato “pulito”;
- architettura Heavy: la raccolta dati viene effettuata tramite l’installazione di apparati fisici a bordo del singolo componente e della singola macchina; la mole di dati raccolta è ingente e viene trasmessa con tecnologie evolute dal punto di vista delle performance e della sicurezza; strumenti di advanced data analytics e machine learning abilitano il controllo e l’ottimizzazione in tempo reale della produzione. Anche in questo caso prevale la configurazione edge, ma i dati provenienti dai singoli apparati fisici vengono letti e raccolti da sistemi di controllo avanzati (sempre a livello edge) che integrano le informazioni raccolte. La maggiore complessità rispetto all’architettura Light è data poi dalla presenza, nella fase finale, di software di ultima generazione che necessitano di elevate capacità di calcolo e si basano su complessi algoritmi di ottimizzazione e di machine learning.
Il Report sottolinea che entrambe le architetture abilitano benefici per la generazione di energia che, ovviamente, hanno un’entità diversa a seconda dell’architettura prescelta dove la maggiore differenziazione è data dal diverso approccio nella fase finale di valorizzazione del dato: “Con l’architettura Heavy è infatti possibile conseguire un miglioramento considerevole dell’efficienza e della flessibilità di produzione grazie alla possibilità di monitorare in tempo reale la produzione e di implementare di conseguenza azioni correttive mirate”, si legge nello studio del Politecnico.
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Le soluzioni digitali per la Smart Grid
Quattro sono le categorie di benefici tangibili della digitalizzazione che il Report identifica per i gestori di rete;
- miglioramento dell’efficienza energetica: grazie ai sistemi di monitoraggio e controllo si hanno benefici sia per il gestore di rete, che può effettuare una gestione efficiente dei picchi, sia per l’utente finale, che avendo la possibilità di monitorare i propri consumi è indotto a ottimizzarli;
- riduzione costi O&M (Operation & Maintenance): tecnologie avanzate di controllo e regolazione consentono di ridurre, se non addirittura eliminare, alcuni costi O&M grazie a una più efficiente manutenzione preventiva;
- gestione della rete e bilanciamento efficiente: poter predire i consumi, e quindi la produzione, diventa fondamentale nel poter bilanciare nel modo più efficace le diverse fonti energetiche garantendo una pianificazione attenta della potenza immessa nella rete;
- sviluppo di energy community: sviluppo di comunità di utenze energetiche in cui utilizzatori e vettori di energia cooperano attivamente per l’ottimizzazione delle risorse; si affacciano anche nuove modalità di scambio di energia basate su blockchain (vedi i numerosi esempi riportati nell’articolo Energy sharing: vendere e comprare energia senza intermediari, pubblicato su www.zerounoweb.it). Per quanto riguarda l’architettura digitale prevalentemente utilizzata, l’Energy & Stratey Group rileva una solo tipologia per entrambi i sistemi di trasporto dell’energia (rete di trasmissione ad alta tensione per il trasporto su lunghe distanze; rete di distribuzione, che conclude la filiera del sistema elettrico, con la consegna di elettricità in media e bassa tensione agli utenti finali); le differenze sono di tipo dimensionale in base al numero di sottostazioni o chilometri di linee digitalizzate.
Anche in questo caso abbiamo una prevalenza della configurazione edge con l’installazione di sensori e apparati intelligenti distribuiti sulle linee e sui tralicci e l’implementazione di analytics di elevata complessità (dal livello più basso dei descriptive, fino ad arrivare a funzionalità di automated analytics, passando per predictive e prescriptive) nella parte “alta” della filiera che abilitano un processo decisionale e operativo nella gestione dell’energia basato sull’analisi dei dati in tempo reale.
Il Report rileva infine che in questo ambito la diffusione di soluzioni digital è ancora limitata e più difficoltosa rispetto alla Smart Energy sebbene vi siano numerosi progetti pilota sviluppati da DSO (operatori della distribuzione di energia) locali o che rientrano in iniziative di portata europea: da una parte, il tema del controllo, della manutenzione e della capacità di azionare a distanza i sistemi è già molto diffuso tra i TSO (operatori di sistemi di trasporto dell’energia) e i DSO, quindi un’ulteriore digitalizzazione (soprattutto nella fase finale della filiera) viene vista come marginale; dall’altra parte, il Politecnico rileva che, essendo il mercato elettrico della distribuzione soggetto a regolazione e controllo delle marginalità degli operatori, dovrebbe essere il sistema nel suo insieme (soprattutto nella sua parte pubblica) a farsi carico degli investimenti necessari per questo ulteriore passaggio verso le Smart Grid.