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Forum PA 2020: che si accendano i motori per la ripartenza…del Paese

L’emergenza Covid-19 ha imposto un ripensamento della manifestazione con una settimana di incontri in streaming (in luglio) e lo spostamento all’autunno (in novembre) dell’evento fisico. Non una sostituzione, quindi, ma un vero e proprio “raddoppio”. ZeroUno ne parla con Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA, l’intervista è anche l’occasione per alcune riflessioni su come la PA sta affrontando l’emergenza e, soprattutto, cosa fare per ripartire e costruire un futuro un po’ migliore di quello che era prima del 23 febbraio

Pubblicato il 17 Apr 2020

gianni-dominici-forum-pa

I format digitali non sono certo una novità per Forum PA che già da qualche anno affianca agli eventi fisici, incontri web sul processo di innovazione della PA e del Sistema Paese in generale: “È da un po’ che parliamo di eventi ibridi – dice in un’intervista a ZeroUno Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA, società del Gruppo Digital360 – dove il digitale e il fisico si integrano”.

Forum PA raddoppia e diventa digitale + fisico

Ma quando ormai era tutto pronto per lanciare Forum PA 2020, la tradizionale manifestazione che a giugno avrebbe portato alla Nuvola di Roma oltre 18.000 persone, e i colleghi di FPA lavoravano già da mesi a pieno ritmo per coinvolgere relatori, organizzare workshop, procedere con tutte le attività che contraddistinguono la realizzazione di un grande evento, l’emergenza Covid-19 ha imposto un ripensamento della manifestazione con una settimana di incontri in streaming (in luglio) e lo spostamento all’autunno (in novembre) dell’evento fisico.

Non una sostituzione, quindi, ma un vero e proprio “raddoppio”: “Non si è trattato di uno stravolgimento vero e proprio perché, come dicevo, abbiamo avviato da tempo un percorso di integrazione tra fisico e digitale – sottolinea Dominici – ma portare l’evento di giugno in digitale ha significato pensare a format adeguati, rivedere i linguaggi, modificare i tempi e infatti lo abbiamo allungato a una settimana invece dei classici 3 giorni perché era impensabile riuscire a mantenere quella ricchezza di contenuti con uno streaming concentrato su pochi giorni”.

Vediamo quindi un po’ più nel dettaglio come si articolerà Forum PA 2020. Prima di tutto i due titoli degli eventi di luglio e di novembre sono evocativi del momento storico in cui si svolgono:

  • Forum PA 2020: Innovazione per la resilienza (6-11 luglio) – Sta proprio a indicare che il Paese non si è fermato e non ha interrotto il proprio percorso di innovazione a causa dell’emergenza sanitaria. Nei media si è data fino ad oggi una grande enfasi a frasi come “l’Italia si è fermata”, “scuole e aziende chiuse” e vengono lanciate in continuazione immagini di un Paese deserto, luoghi senza persone che, pur esaltando le bellezze del nostro meraviglioso paese, ci trasmettono un senso di angoscia. Quello che non viene messo in evidenza è che si sono chiusi i luoghi fisici, ma ormai quasi tutte le scuole e molte aziende hanno continuato a lavorare dentro quelle case che si sono trasformate in uffici e aule scolastiche. L’evento di luglio è quindi anche questo: mostrare un paese dove gli innovatori hanno continuato a lavorare, a confrontarsi e scambiarsi esperienze progettando il futuro: “Per questo motivo – spiega Dominici – anche in un momento difficile per il Paese, l’appuntamento di luglio vuole costruire una piattaforma online dove, per una settimana ricca e inclusiva, si incontreranno e si ritroveranno le migliori esperienze d’innovazione, dentro e fuori la PA, per confrontarsi sull’impiego dell’innovazione e della trasformazione digitale per la resilienza in alcuni settori chiave: lavoro, industria, formazione, sanità, coesione sociale. Un’occasione per ‘allungare le reti’ anche oltre le molte decine di migliaia di dirigenti e lavoratori pubblici e privati che già ci seguono, raggiungendo così anche quelli fisicamente più lontani”.
  • Forum PA 2020: Restart Italia (4-6 novembre)Focus quindi sulla “ripartenza”, ma non dal punto in cui eravamo il 23 febbraio: “Il Paese ha bisogno di ripartire, ma non come prima: questa fase difficile ha messo in evidenza la centralità dell’innovazione, ma anche della coesione sociale. Dobbiamo ripartire da questi due elementi per un ‘Restart Italia’ verso uno sviluppo equo e sostenibile basato sull’uso intelligente dell’innovazione tecnologica e della trasformazione digitale”, precisa il Direttore Generale di FPA.

Due momenti per prepararci ai quali, FPA ha inaugurato sul proprio sito un percorso di avvicinamento attraverso la rubrica #Road2forumpa2020 – Le interviste, un luogo virtuale d’incontro, ragionamento e confronto sui temi del digitale (e non solo), curata proprio da Dominici.

L’intervista al direttore generale di FPA è stata anche l’occasione per alcune riflessioni sull’impatto che questa situazione di emergenza ha avuto su alcune dinamiche e sulla reazione, per alcuni versi inaspettata, della pubblica amministrazione italiana e sull’approccio con il quale dobbiamo intraprendere la tanto attesa Fase 2 e oltre.

Una Pubblica Amministrazione italiana che ha stupito

Cosa sarebbe successo se, davvero, il Paese si fosse fermato? Se i circa 3 milioni e mezzo di dipendenti pubblici, impossibilitati a raggiungere i propri luoghi di lavoro, avessero improvvisamente cessato di svolgere la propria attività? Qualcuno ha riflettuto, per esempio, sul fatto che se i quasi 30.000 dipendenti della tanto bistrattata INPS non avessero potuto accedere ai sistemi dell’Istituto dalle proprie case, non solo i famosi 600 euro non sarebbero arrivati sul conto di chi ne ha fatto richiesta entro pochi giorni dall’emanazione del decreto Cura Italia, ma sarebbe stato impossibile erogare pensioni, casse integrazioni, indennità varie ecc.? Oppure si è pensato a quale sarebbe stato l’impatto sulla diffusione del virus se questi lavoratori fossero stati obbligati a uscire di casa per lavorare nei propri uffici?

Certo, in molti casi è stato necessario farlo (pensiamo per esempio agli impiegati delle Poste che hanno garantito l’apertura e, quindi, il ritiro delle pensioni, sempre per fare un esempio), ma la maggior parte ha potuto continuare a lavorare dalle proprie case e permettere così, da un lato, allo Stato e alle Amministrazioni di continuare a svolgere le proprie funzioni e, dall’altro, ai cittadini di usufruire dei servizi erogati.

“Lo smart working – ha confermato Dominci – era una sperimentazione avviata da alcune amministrazioni più evolute, come è il caso, per esempio, del progetto Vela che vede coinvolte Regione Emilia-Romagna, Regione Veneto, Regione Lazio e altre amministrazioni o di altre realtà della PA centrale come Inail [a questo proposito consigliamo l’intervista a Stefano Tomasini realizzata nell’ambito della rubrica #road2ForumPA2020 ndr]. Questa situazione di emergenza ha portato un’incredibile accelerata: solo un anno fa si parlava ancora di impronte digitali e di tornelli e adesso tutta la PA sta lavorando da casa, con una ministra che dice: non si tratta solo di rispondere all’emergenza, ma di portare avanti un cambiamento culturale. Spesso si abusa nel definire una crisi come un’opportunità, ma in questo caso direi che questa emergenza, seppur tragica ovviamente, sta davvero trasformandosi nell’opportunità di sovvertire quella che era ancora una cultura dominante del controllo o del dipendente pubblico visto come un fannullone”.

E non si tratta di una “semplice” percezione o di dichiarazioni di intenti, i segnali sono concreti: il ministro per la Funzione pubblica Fabiana Dadone rispondendo il 25 marzo al question time alla Camera sulla diffusione dello smart working nella Pubblica amministrazione ha sottolineato “la fortissima capacità di reazione da parte delle amministrazioni pubbliche, chiamate comunque a garantire, in tale contesto, la continuità dei servizi alla cittadinanza: la percentuale di lavoratori in smart working nelle amministrazioni centrali è pari, al momento, all’83%; l’Inps ha posto in smart working l’85% dei suoi dipendenti e l’Inail il 70%, ma il dato è in costante crescita”, riportando anche alcuni dati delle amministrazioni locali: “Nella Regione Piemonte sono in smart working 1.711 dipendenti su un totale di 2.954 (68%), ai quali vanno aggiunti 305 dipendenti già operativi in telelavoro domiciliare; nella Regione Lazio in smart working operano addirittura 4.340 dipendenti su un totale di 4.493 (96%); nella Regione Emilia Romagna i dipendenti in smart working sono circa l’80%”.

È tempo di parlare di futuro

“Un cambiamento culturale importantissimo, soprattutto per il futuro: contrastando un immaginario che vede sempre una PA da trainare, la PA ha dimostrato di saper reagire, ma adesso è fondamentale, sia nella fase 2 sia nel ritorno alla normalità, che questa PA faccia da traino alla ripresa”, sostiene con forza Dominici che pensa in particolare a 3 azioni che devono essere attuate rapidamente:

  1. pagamenti: “La PA ha un debito di circa 50 miliardi nei confronti delle imprese: è un debito che deve essere saldato rapidamente per dare liquidità alle aziende”;
  2. comprare innovazione: “Le PA che hanno investito in tecnologia sono state quelle più capaci nel rispondere all’emergenza. Quindi spendiamo in tecnologia e da questo punto di vista noi di FPA abbiamo cercato di dare il nostro contributo con seminari e workshop su come effettuare questo tipo di acquisti”, ricorda Dominici che elogia la task force capitanata da Vittorio Colao della quale, ricorda, fa parte Mariana Mazzucato, l’economista autrice de Lo stato innovatore.
  3. nuove assunzioni: “Già prima della crisi si era sbloccato il turnover, ma con 500mila posizioni vacanti stimate per la PA è fondamentale far ripartire rapidamente la macchina dei concorsi”.

In conclusione, Dominici sottolinea un aspetto che vale per la PA ma anche per le imprese: “Spesso dimentichiamo l’importanza che nelle istituzioni, siano esse pubbliche o private, ha il fattore umano: sono le persone che sanno reagire, che sanno acquisire quella mentalità che consente di affrontare l’emergenza. Spesso ci dimentichiamo che le amministrazioni sono fatte di persone e molte resistenze al cambiamento dentro la PA sono dovute al fatto che le persone non vengono coinvolte: il nostro è un paese dove tutto, anche l’innovazione, si fa per decreto e anche le opportunità vengono vissute come adempimenti, invece in questa occasione, davanti a un problema serio e importante tutti si sono dati da fare”.

Quindi, guardiamo avanti e se anche non possiamo uscire dalle nostre case facciamo viaggiare la nostra mente e lavoriamo per far ripartire il nostro paese con una marcia in più, quella che può renderlo un po’ migliore di quello che era prima del 23 febbraio.

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