Porte che si aprono da remoto, sistemi intelligenti di regolazione dei parametri climatici, elettrodomestici azionati da comando vocale: sono alcuni dei tasselli che compongono il variegato mondo della domotica, pensato per migliorare l’efficienza e il comfort nelle nostre case. Si tratta di un mondo in rapida diffusione grazie anche alle soluzioni sviluppate da Google, Amazon e Apple e pensate per interagire facilmente con i nostri smartphone.
L’interfaccia è, solitamente, ciò che colpisce di più nell’immaginario collettivo legato alla domotica, ma sono gli elementi a cui è affidato il “lavoro sporco” ad abilitare queste nuove tecnologie ovvero i motori e la meccanica.
Piccolo, potente e silenzioso
Se è vero che, come dicono gli anglosassoni, “size does matter” (la dimensione conta), questo vale certamente quando si parla di motori o meglio micromotori per la domotica.
La componente nascosta di molte applicazioni di domotica è rappresentata da motori che possono avere un diametro di poco superiore a 1 centimetro. In questa dimensione si concentra un elevatissimo livello tecnologico fatto di materiali avanzati, meccanica ad alta precisione, design progettuale innovativo, lubrificanti all’avanguardia e in cui convivono esigenze apparentemente inconciliabili come elevata coppia e ridotto consumo energetico.
A introdurci alle meraviglie di questi micromotori è Claudio Feré, cofondatore e manager di F&C Solutions, azienda con sede a Concorezzo (MB) e vero punto di riferimento italiano per lo sviluppo di soluzioni che richiedono micromotori, incluse quelle di domotica.
“Quando le applicazioni di domotica hanno esigenze critiche in termini di dimensioni, i motori di tipo tradizionale lasciano spazio a quelli di tipo coreless – spiega Feré – che sono privi del tipico nucleo ferroso centrale con gli avvolgimenti in rame. L’assenza del nucleo rende i motori coreless più facilmente miniaturizzabili, più leggeri, più silenziosi e meno vibranti rispetto ai motori tradizionali e ne riduce il momento d’inerzia favorendo una risposta rapida e una rotazione più regolare. Inoltre, a parità di dimensioni, la durata della batteria di un motore coreless è superiore di 2 volte e mezza rispetto a quella di un motore tradizionale”.
Le serrature elettroniche senza chiave
Questo tipo di motori viene utilizzato, per esempio, nella realizzazione di serrature elettroniche apribili tramite telecomando o smartphone: un tipo di soluzione già ampiamente utilizzato nel settore alberghiero e che sta trovando crescente successo anche nel segmento delle abitazioni private.
L’alimentazione della serratura è fornita da una batteria integrata ma, in caso di esaurimento o guasto, è sempre possibile aprire la serratura manualmente.
“La vita tipica di una serratura elettronica prevede un numero di cicli di apertura e chiusura variabile da 300 a 400 mila – spiega Feré – ma i sistemi che forniamo noi sono certificati per arrivare fino a 600mila cicli. Nelle serrature prive di chiave, vengono integrati motoriduttori che possono avere un diametro di 12, 16 o 22 mm. La scelta della dimensione può dipendere da criteri estetici, dall’esigenza di rispettare standard internazionali o dal prezzo. Nel caso di porte blindate con molti punti di chiusura, dove è richiesta una maggiore potenza e la dimensione non è un problema, la scelta può ricadere su motori di tipo tradizionale anziché coreless”.
Le serrature elettroniche sono utilizzate anche in alcuni ambiti specifici come gli ascensori con porte a battente, diffusamente adottati in molti condomini. In questo caso, la caratteristica fondamentale che porta all’uso di micromotori coreless è il basso consumo energetico. Le normative di sicurezza per il settore degli ascensori richiedono, infatti, che quando l’ascensore si trova fermo al piano, una serratura di sicurezza elettronica mantenga aperta la porta. Di conseguenza, quando la cabina resta per molto tempo ferma al medesimo piano (per esempio durante la notte) la serratura di quella porta resta costantemente alimentata e i micromotori coreless permettono di evitare possibili surriscaldamenti mantenendo la temperatura sempre al di sotto di 35 °C.
Veneziane integrate nella vetrocamera
Una delle novità più interessanti nei sistemi domotici di regolazione della luce è l’integrazione delle veneziane all’interno della vetrocamera, che vengono controllate in modo manuale o automatico.
Si tratta di una soluzione ideale per gli ambienti di ufficio ma adottata sempre più frequentemente nelle abitazioni di nuova costruzione. Questa soluzione elimina qualsiasi necessità di pulizia delle veneziane e aumenta l’igiene. Inoltre, la vetrocamera protegge la veneziana anche da possibili urti (e quindi rotture) e dagli agenti atmosferici.
La realizzazione di questa applicazione domotica richiede più accorgimenti di quanti si possa pensare.
Innanzitutto, richiede un altissimo livello di affidabilità in ogni aspetto perché, in caso di problemi, intervenire all’interno della vetrocamera può risultare difficile, soprattutto in caso di installazione in edifici ad altezze elevate.
Un primo requisito essenziale è quello della miniaturizzazione dei motori di sollevamento; per questo tipo di applicazioni vengono utilizzati motoriduttori con dimensioni variabili da 12, 13 e 16 mm per arrivare fino a 22 mm nella motorizzazione di sistemi collocati in esterni.
Un’altra esigenza è mantenere la posizione della veneziana sollevata evitando che possa ricadere a causa del suo peso che non è trascurabile, considerano che una veneziana può estendersi anche per più di 2 metri. In questo caso sono realizzati specifici accorgimenti per sostenere il peso della veneziana.
Un altro elemento critico, spesso sottovalutato, è la temperatura. All’interno della vetrocamera di una finestra esposta al sole estivo la temperatura può raggiungere 85-90°C. Sia i motori sia i riduttori utilizzati devono essere testati e certificati per resistere a queste temperature e ciò richiede, per esempio, l’utilizzo di appositi lubrificanti capaci di operare in modo efficiente su range di temperature compatibili con queste condizioni.
Il forno che si apre da solo e l’appendiabiti saliscendi
Tra le più recenti e interessanti applicazioni di domotica vi sono quelle indirizzate al controllo degli elettrodomestici che sono diventati “smart”.
Oggi è, per esempio, possibile utilizzare comandi vocali per attivare l’apertura del forno, in modo da poter inserire agevolmente pirofile e teglie senza dover ricorrere ad arditi acrobatismi. Questa applicazione, apparentemente banale, in realtà mette a dura prova le caratteristiche dei motori a cui è chiesto di fornire la potenza necessaria a controllare uno sportello pesante come è quello del forno, di resistere ad alte temperature, di avere una risposta rapida e garantire, nel contempo, movimenti fluidi e regolari.
I micromotori trovano utilizzo anche in diverse applicazioni salvaspazio. Un’azienda italiana ha realizzato, per esempio, un sistema appendiabiti per armadio di tipo saliscendi con movimento automatico avviato tramite app o pulsante, che garantisce una discesa fluida e una rapida ripartenza dal basso verso l’alto. Questa soluzione sfrutta motori coreless con diametro variabile da 30 mm a 40 mm e ha la capacità di sostenere un carico fino a 17 Kg di peso (limitato dalla resistenza dell’asta e non dai motori).