La sostanziale stagnazione della produttività è notoriamente indicata come una delle maggiori criticità della competitività del sistema produttivo italiano. I dati dell’ultimo Rapporto OCSE sulla produttività (intesa come rapporto tra PIL e ore lavorate) confermano il pessimo andamento del nostro paese che tra il 2001 e il 2007 era l’ultimo dei 40 Paesi considerati, registrando una flessione media annua del -0,01% (a fronte di una crescita media OCSE del +1,77) e nel periodo 2010-2016 è risultato al penultimo posto (con una crescita media annua del +0,14%, migliore solo alla Grecia con il suo -1,09%).
Altrettanto nota è la composizione del sistema produttivo italiano che vede 4,2 milioni di imprese occupare 15,7 milioni di addetti (dati Istat, 2018). Le PMI realizzano il 68% del valore aggiunto complessivo, impiegando il 79% del totale degli occupati, ma il dato particolarmente significativo è, rispetto ai principali paesi europei, il peso notevole, sempre all’interno del comparto PMI, delle microimprese (con meno di 10 addetti) che realizzano poco meno del 30% del valore aggiunto complessivo, quota di poco inferiore a quella delle grandi imprese, occupando circa il 48% degli addetti totali del sistema produttivo.
Le PMI e la digitalizzazione: azioni specifiche e coinvolgimento di diversi attori
È quindi evidente che qualsiasi azione tesa a migliorare la produttività del sistema produttivo italiano non può prescindere da interventi mirati sulle PMI ed è da questo presupposto che l’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano è partito per focalizzare l’attenzione, nell’edizione 2018, sulle PMI analizzandone il percorso di digitalizzazione con l’obiettivo di identificare quali azioni concrete, coordinate in un piano programmatico, possano facilitare e spronare il processo di trasformazione digitale di queste aziende.
La Ricerca si è concentrata sul comparto manifatturiero, studiando in profondità 30 casi appartenenti a diversi settori industriali e, integrando i risultati di questa analisi con report di settore e il confronto con esperti industriali e accademici, ne ha derivato alcuni archetipi di comportamento (figura 1) che ha denominato Personas. Nella codifica di questi archetipi sono stati considerati fattori sia hard (come la disponibilità di capitali da investire) sia soft (come il grado di istruzione medio del management) e naturalmente uno degli elementi considerati è se l’azienda ha già avviato un processo di trasformazione 4.0.
Per ogni profilo, gli esperti dell’Osservatorio hanno definito specifiche azioni volte a indirizzare la trasformazione digitale. Durante l’evento di presentazione dei dati dell’Osservatorio dello scorso giugno e nel Report distribuito, sono stati illustrate, a titolo di esempio, alcune di queste azioni (i risultati completi della Ricerca sono acquistabili sul sito degli Osservatori Digital Innovation).
Per le aziende definite Impassibili gli analisti del Politecnico evidenziano che sarà necessario partire dalla sensibilizzazione del vertice aziendale supportandolo nella definizione di una vision strategica da cui far scaturire la propria roadmap di trasformazione, composta da progetti ben identificati, messi a fuoco e condivisi. Chi può fornire questo supporto? Università, centri di trasferimento tecnologico e associazioni territoriali, accompagnando le imprese nei primi passi.
Sono invece i fornitori di software e le società di consulenza i soggetti che possono sostenere le imprese profilate come Lente, le quali hanno capito il potenziale legato alla trasformazione digitale, ma sono ancora riluttanti nell’intraprendere il percorso. Sono realtà che hanno bisogno di vedere subito benefici concreti (anche se limitati) e necessitano di soluzioni (tecnologiche e organizzative) modulari e facilmente integrabili.
Poi ci sono i gruppi degli Attivi e dei Saranno Famosi, già impegnati nella trasformazione digitale, ma che lamentano la carenza di competenze interne altamente specialistiche (tecnologiche e/o organizzative). E qui entrano in gioco le società di formazione e selezione del personale che dovranno cogliere queste esigenze e contribuire al training dei nuovi profili richiesti, mentre le università potranno operare tramite “living labs” che permettano a queste imprese di toccare con mano l’Industry 4.0.
E non manca il ruolo della community, della condivisone delle esperienze, che rappresenta uno stimolo fondamentale per gli Imitatori che hanno bisogno di confrontarsi e di vedere come realtà simili alla propria hanno cambiato il proprio modo di operare. Per queste PMI, entrare a far parte di un ecosistema dinamico, vivo e propositivo può dare una forte accelerazione alla trasformazione digitale.
Ma le PMI credono in Industria 4.0?
Se la Ricerca del Politecnico aiuta a clusterizzare le PMI sulla base della loro propensione alla trasformazione digitale, il Secondo Rapporto Industria 4.0 nelle PMI italiane del Laboratorio Manifattura Digitale dell’Università degli Studi di Padova ci aiuta a tracciare una mappatura sul livello di adozione delle tecnologie Industria 4.0, comprendere i benefici e i risultati ottenuti dall’introduzione di queste tecnologie, capire le ragioni che impediscono alle imprese di ricorrere a soluzioni di questo tipo, approfondire gli impatti sul fronte dell’organizzazione della manifattura a livello geografico (internazionalizzazione). I risultati si basano su un campione di 1.020 aziende che fanno parte di un universo di 7.293 imprese manifatturiere selezionate sulla base di alcune caratteristiche: settori Made in Italy (Casa-arredo, Meccanica, Moda); Nord Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna); fatturato al 2015 > 1 milione di euro.
Il primo dato rilevato è la quota di imprese che adottano almeno una delle tecnologie Industria 4.0 (robotica, manifattura additiva, laser cutting, big data/cloud, IoT, scanner 3D o realtà aumentata): 18,6%. Quindi solo una impresa su cinque risulta avere investito in questa direzione e, analizzando il profilo degli adottanti, vediamo che in media si tratta di aziende con un fatturato intorno ai 14,8 milioni di euro (47% derivante da export), una media di addetti di 58 e una produzione localizzata sul territorio nazionale (63% nella regione di appartenenza, 29% nel resto d’Italia e solo l’8% all’estero).
Accompagnare le imprese nel processo di trasformazione
Nel rilevare le tecnologie Industria 4.0 implementate (figura 2), il Laboratorio Manifattura Digitale segnala che non si tratta solo di adottare specifiche tecnologie, ma che spesso vengono sviluppati progetti 4.0 perché l’adozione di queste tecnologie ha richiesto interventi sull’hardware o il software esistenti o per l’integrazione con gestionali già implementati in azienda (e questa condizione riguarda il 72,5% degli adottanti). I principali partner in tale processo sono soprattutto i fornitori di impianti e macchinari (oltre il 64%) ovvero di tecnologie 4.0 (39%); nella personalizzazione delle diverse tecnologie vi è un ruolo diverso dei partner (tra i quali si annoverano anche università o centri di ricerca). Questi risultati ci consentono di ricollegarci alla Ricerca del Politecnico laddove si evidenzia la necessità di un processo di accompagnamento per le realtà che hanno già intrapreso un percorso di trasformazione al fine di sfruttare tutte le potenzialità di Industria 4.0.
Come si evince dalla figura 3, il principale driver per l’adozione di queste tecnologie è il miglioramento del servizio al cliente (con una rilevanza alta o molto alta per il 75% delle imprese) seguito dall’aumento dell’efficienza interna (65%). Queste esigenze trovano un buon corrispettivo nei benefici ottenuti che vanno da un aumento dell’efficienza interna (60%) e aumento della produttività (54%) al miglior servizio al cliente (53%). La corrispondenza tra driver e benefici ottenuti porta a considerare un altro elemento, ossia la possibilità di inserirsi, per le PMI, in uno dei principali trend che sta emergendo dal punto di vista della customer experience, il rilascio di prodotti studiati sulle specifiche esigenze del singolo cliente (o cluster di clienti): il 66,6% delle imprese adottanti lo fa per realizzare prodotti su misura o personalizzati, solo il 33,3% per prodotti standard.
Da questo punto di vista sono interessanti anche i risultati relativi all’impatto sul prodotto (figura 4) che, evidenziando un ruolo più attivo del cliente nelle fasi di progettazione e di produzione, fanno intravedere l’utilizzo di queste tecnologie in un’ottica collaborativa che potrebbe essere anche indice di una revisione dei modelli organizzativi in azienda.
Innovazione non equivale ad aumento della disoccupazione
Da un confronto dei dati finanziari (EBIDTA/vendite o crescita fatturato) le imprese che hanno adottato tecnologie e approccio Industria 4.0 presentano performance superiori a quelle di chi non le ha adottate ed è molto interessante il dato relativo all’occupazione che, a fronte di chi paventa un aumento della disoccupazione a causa dell’automazione e della digitalizzazione, mostra come il 61% di imprese ha mantenuto stabile l’occupazione a seguito degli investimenti in 4.0 e il 34,2% l’ha addirittura aumentata.
La figura 5 mostra invece le difficoltà nell’adozione di questo percorso: al primo posto un problema, quello delle competenze, che se è fortemente sentito dalle aziende di tutte le dimensioni, nelle piccole è spesso ancora più acuto perché, da un lato, le grandi imprese risultano più attrattive (in termini di prospettive di carriera) per figure professionali molto richieste, dall’altro, le PMI difficilmente dispongono delle risorse necessarie per attivare significativi percorsi di formazione (come invece può avvenire nelle grandi).