L’incontro Industry 4.0: competere nel nuovo scenario manifatturiero, organizzato lo scorso luglio da SDA Bocconi, è partito con una provocazione di Gianluca Salviotti, Associate Professor of Practice di Information Systems, SDA Bocconi, che cita la previsione della morte del Supply Chain Management (The Death of Supply Chain Management, HBR giugno 2018) come conseguenza della digitalizzazione dell’impresa e dell’impiego di tecnologie, come automazione di processo, analisi predittiva, intelligenza artificiale, robotica, blockchain.
Queste starebbero rivoluzionando il modo in cui i partner collaborano all’interno di reti di fornitura flessibili. Salviotti, scettico su questa previsione, ritiene che la priorità per le imprese italiane, dopo il picco di investimenti in tecnologie anche come conseguenza del programma di incentivi del governo Industria 4.0, sia comprendere come abilitare al meglio l’impiego delle tecnologie sopra indicate e come valutarle in termini di maturità e applicabilità. Per supportare la comprensione dello stato dell’arte il DEVO Lab di SDA Bocconi (DEVO sta per Digital Enterprise Value and Organization) ha messo a punto un radar che ne definisce per ciascuna l’impatto, la distanza e il dinamismo.
La figura 1 sintetizza i risultati di un lavoro di ricerca di un anno e mezzo, fatto in collaborazione con il MIT:
- la dimensione del quadratino rappresenta l’impatto (quanto la tecnologia sia adottata, quale l’impatto economico e organizzativo su chi l’adotta);
- la distanza dal centro indica la maturità per l’adozione anche a confronto con la maturità dell’azienda stessa (se è vicino al centro è pronta per essere adottata, da sperimentare o da studiare sui successivi cerchi grigi, da trascurare se si trova sul cerchio rosso);
- il colore indica il dinamismo (diverse intensità del verde indicano il livello di accelerazione, il giallo una velocità intermedia, il rosso staticità.
La realtà aumentata (AR) è, per esempio, considerata abbastanza matura e in accelerazione, mentre la realtà virtuale (VR) non ancora di prossima adozione e scarsamente dinamica. Pronte per l’adozione risultano tecnologie molto infrastrutturali come cloud e in-memory computing (IMC), mentre altre tecnologie vanno sperimentate per capire se siano davvero utili per l’azienda.
“Per seguire la metafora del radar, la blockchain è l’esempio di un oggetto con grande potenziale, ma quando entra in contatto con l’atmosfera aziendale, fatta di accountability e trust con i fornitori, anche se sta andando veloce, si ridimensiona. Per adottarla ci sono dunque rischi da affrontare e valutare – commenta Salviotti, che aggiunge – Le tecnologie che contano nella realizzazione di Industry 4.0 non sono così mature da poter affermare che il SCM, come lo conosciamo, non ci sarà più fra 5-10 anni”.
Quanto le imprese dovranno fare va commisurato con obiettivi di partenza identificati dalla survey (realizzata da SDA Bocconi in collaborazione con Sap nel 2016) che ha analizzato 1200 aziende manifatturiere italiane (figura 2) poco prima che entrasse in vigore il piano Calenda. Si evidenzia che il cloud la fa da padrone (59%), seguito da investimenti in sicurezza (30%) e integrazione (24%). Anche in termini di iniziative in corso il cloud è al primo posto, seguito da robotica avanzata e IoT.
Dalla ricerca deriva nel complesso un segnale positivo, dove l’orientamento alla digitalizzazione è però tutto interno (efficienza, coordinamento, qualità) e le imprese manifatturiere stanno costruendo la piattaforma orientata a Industry 4.0 a partire da cloud e robotica. “Va però sottolineato che il passaggio a Industry 4.0 non si fa stratificando tecnologia. Serve un approccio consapevole, da primi della classe, visto che le tecnologie sono promettenti, ma il paradigma è complesso”, conclude Salviotti lanciando la palla a Flavio Tonelli, Associate Professor, Scuola Politecnica dell’Università di Genova, che delinea alcune risposte a partire dalla road map definita dal Cluster Tecnologico Nazionale “Fabbrica Intelligente”.
La strada per estrarre valore dalle tecnologie abilitanti
Lo sforzo è capire come le imprese riescano a scaricare a terra gli investimenti orientati a Industria 4.0, generando valore. Si è ipotizzato un percorso tipo contestualizzato sulle sfide e sulle priorità specifiche dell’azienda.
Si è identificata una metodologia (figura 3) che parte dai driver competitivi a cui l’azienda è sottoposta, per la mappatura delle attività a valore, confrontando per ognuna il livello di maturità (in termini di competenze, tecnologia pre-esistente…), l’analisi dei processi e i gap. “Si analizza cosa manca all’azienda: quanto la tecnologia è distante (per la potenziale adozione) e quanto l’organizzazione è distante”, spiega Tonelli. Seguono la validazione e la definizione di aree di miglioramento.
È importante un approccio di misura dei valori prestazionali e strategici, che dovrebbero consentire di partire da valori strategici di obiettivo, declinare interventi di miglioramento, definire indicatori di tipo operativo e misurare ex-post.
Questa metodologia si è applicata all’ambito SCM a partire dalle priorità strategiche che influenzano le performance aziendali. Ci si è in particolare focalizzati sulla flessibilità interna e la sostenibilità che in una serie di settori si rilevano come fattori competitivi, tralasciando altre priorità come efficienza, qualità, focalizzazione sul cliente, riduzione dei costi di produzione… “Implementare Industry 4.0 solo per fare efficienza interna sarebbe riduttivo – sottolinea Tonelli – La specificità italiana induce a puntare non tanto sull’aumento di efficienza, visto che le imprese non lavorano su grandi numeri, ma soprattutto sulla capacità, reattività e flessibilità della risposta al cliente”.
Ci si è dunque focalizzati sulle componenti che contribuiscono alla flessibilità, valutando il livello di beneficio atteso per alcune tecnologie abilitanti come industrial IoT, cyber phisical production systems, cloud manufacturing, data analytics, realtà virtuale e aumentata, tecniche di simulazione per digital twin.
L’approccio è stato verificato in aziende diverse come Brembo, Electrolux, Barilla, Whirpool, Coca Cola con maggior attenzione sulla flessibilità per aziende del settore automotive (Brembo), estendendo anche la componente sostenibilità per aziende per le quali rappresenta un elemento competitivo nel settore food and beverage.
C’è infine il caso complesso di Ansaldo Energia, presentato nell’incontro (e che ZeroUno approfondirà in un prossimo articolo), che pone il tema della digitalizzazione fra le priorità strategiche per il futuro dell’energia che deve essere più pulita (decarbonization), più accessibile (decentralization), più intelligente (digitalization). Il Chief Digital Officer Luca Manuelli, ha aperto il suo intervento ricordando come un elemento fondamentale per il successo del percorso sia investire per l’incremento di competenze sul capitale umano.
Su questo tema ritornano le riflessioni conclusive di Tonelli che si soffermano anche su altri aspetti coinvolti nella la realizzazione di progetti Industry 4.0:
- la necessità di analizzare le implicazioni sugli assetti organizzativi;
- l’adesione a un modello di open innovation per portare a bordo Pmi e startup innovative ad alto potenziale;
- la mappatura del valore;
- la necessità di partire dall’analisi dei processi e misurare il gap con opportuni Kpi per chiudere il cerchio dal livello operativo a quello strategico;
- la necessità di validazione di impatto con i vari CxO (CEO, CDO, CIO, CFO…);
- la descrizione delle aree di miglioramento potenziali sia in termini di ‘addizionalità dell’intervento’ sia di ‘use case’ (quali-quantitativo) per giustificare l’intervento.