Verso l’hybrid cloud per innovare le infrastrutture It
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Secondo l’indagine worldwide realizzata nell’ottobre 2014 da Wakefield Research per conto di Avanade, su un campione di 1.000 C-level, entro i prossimi tre anni la metà degli applicativi e dei servizi aziendali girerà su sistemi ibridi. In un contesto globalizzato e dinamico, infatti, l’integrazione tra cloud privato e pubblico può rappresentare una leva vincente per il ridisegno delle infrastrutture informative, perché possano supportare il business con la velocità e la flessibilità che il mercato oggi richiede. Ma le aziende italiane sono pronte al cambio di paradigma? Come definire una roadmap strutturata di medio e lungo periodo, che presuppone anche una riorganizzazione di funzioni e competenze del team It? Hanno discusso il tema nel corso del webcast Nicoletta Boldrini, giornalista ZeroUno, Vittorio Arighi, Practice Leader NetConsulting e Raffaele Sgherri, Director Cloud & Managed Services Avanade. Numerose sono state le domande degli utenti ai relatori, pervenute prima e durante la diretta, con un focus particolare sui temi legati a sicurezza e disaster recovery a sottolineare le preoccupazioni che gli It manager ancora nutrono nei confronti della nuvola. Tra gli argomenti di dibattito anche il ruolo del Cio orchestratore, gli skill che servono ai Sistemi Informativi nel nuovo contesto ibrido, il rischio di lock-in da parte dei provider, il supporto del system integrator quale partner nella definizione e implementazione della cloud strategy.
Ringraziamo tutte le persone che hanno partecipato al Webcast per le loro numerose domande. L'evento è stato ricco di spunti che hanno fornito interessanti riflessioni sul tema. Di seguito rendiamo disponibili le risposte di Raffaele Sgherri, Director Cloud & Managed Services Avanade, che non è stato possibile fornire, per questioni di tempo, durante il live.
Ale.C: Come scegliere le aree applicative da tenere in-house e da migrare in cloud? Come scegliere la nuvola più adatta per ogni asset specifico?
Raffaele: Non esiste una ricetta specifica che vada bene per tutti. Certamente ci sono caratteristiche di “affinità” di un’applicazione verso un approccio Cloud che sono comuni, come ad esempio fornire servizi all’esterno dell’azienda (per esempio mail, siti internet/extranet, collaborazione, digital marketing), avere picchi di carico o necessità di storage e banda (come ambienti di sviluppo e test, streaming di contenuti multimediali). Contrariamente, un’applicazione integrata con molte altre in modo diretto e continuo, come ad esempio la necessità di chiamate frequenti a sistemi ERP o a molti dati che rimangono on-premise, rende poco efficace la migrazione, almeno senza un cambio dell’architettura. La scelta dell’offerta migliore va fatta ricercando la migliore copertura tecnica. In alcuni casi si può prediligere un’offerta integrata rete+servizi per avere certezza di una sola SLA end-to-end, in altri un’offerta SaaS che sostituisce un’applicazione on-premise. Questi sono due estremi, l’importante è considerare che con un’ottima strategia di insieme, senza focalizzarsi su una sola applicazione, si riescono ad usare più offerte in modo integrato senza doversi limitare ad una unica, e quindi ad un forte compromesso. Questo è il valore di una strategia Hybrid Cloud.
mtravaglini: Come si sposa il tema della sicurezza, soprattutto in ambito bancario, rispetto alla possibilità di portare in Cloud servizi, procedure e dati "sensibili"? Sussistono vincoli legislativi rispetto alla "residenza" del dato sul territorio Italiano?
Raffaele: La nostra esperienza in Avanade dimostra che l’ambito bancario si sta avvicinando a tematiche Cloud, nello specifico Office 365 e Microsoft Azure (che stiamo implementando in clienti primari in Italia in questo settore). Esistono normative europee ed italiane ed in molti casi è ammesso e possibile spostare dati personali ed aziendali all’interno della UE nel rispetto delle normative vigenti. Il core business bancario è molto più regolamentato e va analizzato nel caso specifico. Il nostro focus è sull’offerta Microsoft ed è riconoscibile il forte impegno che l’azienda ha posto nel rispetto degli standard europei negli ultimi anni, abilitando scenari di uso più ampi che nel passato.
RamsesIII: Grazie infinite per la risposta. In ottica hybrid cloud come si garantisce la consistenza tra sistemi on premise e sistemi in cloud in caso di fault di uno dei due ambienti?
Raffaele: Interpreto lo scenario assumendo che come sistema ibrido stiamo trattando di due applicazioni o componenti che dipendono l’uno dall’altro. Come quando si lavora in ottica SOA (Service Oriented Architecture), un ambiente Hybrid Cloud ben disegnato deve essere pronto ai fallimenti delle sue componenti, sia a livello basilare (un server, un’istanza database) che a livello più complesso (la rete, un sistema che viene interfacciato). Per questo, l’ambito funzionale non deve interrompersi al temporaneo blocco di una componente, per esempio sfruttando messaggi asincroni e code invece che transazioni e chiamate dirette o tramite approcci di cache a tempo in locale. Si deve quindi essere pronti alla temporanea perdita di consistenza a favore dell’autonomia delle varie componenti. La ri-sincronizzazione avverrà al ripristino. Va notato che qui non si tratta di Disaster Recovery, che interviene tra sistemi analoghi al fallimento di uno dei due e che ha stesse necessità di sincronizzazione e consistenza che sono spesso risolte in modo diverso.
M.Sabati:Come si misura la capacità di un partner nell’offrire supporto ai progetti di cloud ibrido? Quali caratteristiche deve avere
Raffaele: I punti cardine sono la conoscenza del mercato dove l’azienda si colloca e la capacità di capirne processi e punti di forza unici, la conoscenza delle varie offerte Cloud disponibili per aiutare nella selezione di quelle più adatte da integrare ed una forte competenza nella gestione del ciclo di vita delle identità degli utenti e delle applicazioni, inclusa la capacità di poterle gestire efficacemente nel lungo periodo. Solo l’integrazione di questi tre aspetti fornisce una visione strategica completa. La tecnologia è abilitante ma per essere una partnership efficace che genera valore, capire i processi ed il modello di business aziendale è il solo modo per fare realmente la differenza.
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